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La battaglia di Antelope Hills, tra folklore e storia

A cura di Renato Ruggeri

La battaglia di Antelope Hills, combattuta il 12 maggio 1858 nell’Oklahoma occidentale, è una tra le più conosciute dell’intera e feroce guerra che mise di fronte, per quasi mezzo secolo, i Texas Rangers e i Comanches. Viene chiamata, anche, Little Robe Creek Fight.
In questo articolo vi proponiamo la più vivida e pittoresca descrizione dello scontro, quella che fu pubblicata, per la prima volta, nel 1886 nell’acclamato libro di James DeShields “Cynthia Ann Parker” e poi da John Wilbarger in “Indian Depredations in Texas”, un altro classico del XIX secolo, la cui prima edizione risale al 1889, descrizione che è servita come fonte primaria e traccia per molti storici successivi.
Ai brani sarà affiancato un commento che ci aiuterà a vedere al di là della leggenda e del folklore.
Wilbarger. La battaglia del South Canadian o di Antelope Hills, combattuta nel 1858 fu, probabilmente, una delle più splendide esibizioni di guerriglia Indiana mai messa in atto sul suolo Texano.
Questa era la dimora dei Comanches da tempo immemorabile, qui trovavano rifugio dopo le loro razzie in Texas e in Messico e qui, in quello che era il loro vero e proprio santuario, vennero a cercarli gli avventurosi e audaci rangers, sicuri di incontrarli in tutta la loro potenza.
Pohebits Quasho, Iron Jacket, così chiamato a causa della cotta di maglia che indossava, un curioso pezzo di armatura che era stato senza dubbio strappato, forse un secolo prima, dal corpo di qualche sfortunato soldato Spagnolo, un cavaliere che aveva seguito Coronado, De Leon, La Salle, era il capo.
Era un grande uomo della medicina, un profeta che affermava di essere invulnerabile ai proiettili e alle frecce scagliate contro di lui. Con un magico soffio del suo respiro riusciva a deviare questi oggetti dalla loro traiettoria e con un incantesimo li faceva cadere inoffensivi ai suoi piedi.

Commento. Le Antelope Hills, come le Wichita Mountains, erano un santuario Comanche, ma non appartenevano loro da tempo immemore, come scrive Wilbarger, ma solo da poco più di un secolo, da quando le avevano strappate ai Plains Apache.
Rip Ford andò contro i Comanches
Di Iron Jacket, Camicia di Ferro, il potente capo e medicine man che indossava l’armatura di un antico conquistador e capace, con un “necromantic puff of his breath”, di deviare e intrappolare le pallottole in verità, si sa molto poco.
Si legge spesso che era un guerriero di grande fama, un temuto stregone, ma una delle prime menzioni del suo nome, Po-bish-e-quash-o, si trova nelle memorie che John Salmon Ford scrisse intorno al 1885 per la sua autobiografia, poi pubblicata da Stephen Oates nel 1963 col titolo “Rip Ford’s Texas”.
James DeShields lo chiamò Pohebits Quasho nel suo libro “Cynthia Ann Parker” pubblicato nel 1886 e, probabilmente, diede origine alla sua fama, ma di lui non si sa praticamente nulla, se non che fu ucciso a Antelope Hills.
Alla fine del 700, era vissuto un capo Comanche chiamato Camicia de Hierro o Cota di Malla, mentre un capo Tenewa di nome Iron Shirt, Puhiwiquasso, partecipò ai negoziati coi Confederati nel 1861 e fu uno dei firmatari del trattato di Little Arkansas nel 1865.
Quindi questo Iron Shirt sembra essere un personaggio storicamente esistito.
Viene riportato il nome di un Iron Side, Kotsoteka o Tenewa a seconda degli autori, che ebbe contatti con gli Agenti Indiani Baylor e McKisick quasi contemporaneamente alla battaglia.
La presenza di 3 capi Comanche, Iron Jacket, Shirt e Side, forse la stessa persona, nello stesso periodo e dopo la battaglia, mi fa supporre che nessun capo di nome Iron Jacket morì sul Little Robe Creek.

Wilbarger. Peta Nocona, il giovane e audace marito di Cynthia Ann Parker, era al comando.

Commento. Come per Iron Jacket, anche su Peta Nocona abbiamo notizie scarse e frammentarie. Divenne famoso per essere il padre di Quanah Parker e il marito di Cynthia Ann e viene decritto come un guerriero di grande reputazione, un capo importante o, addirittura, il capo supremo dei Noconi Comanches.
Un altro capitano dei Texas Rangers, Sullivan Ross, si vantò di averlo ucciso nel 1860 sul Pease River, lungo il Mule Creek, nello scontro in cui fu liberata Cynthia Ann Parker. Ma queste sono bugie.
Non ci sono evidenze, oltre la sua supposta reputazione, che fosse un capo. Un suo contemporaneo, lo scout Horace Jones, che conobbe Nocona, disse che non era un capo o un uomo importante tra i Comanches e Charles Goodnight, che conobbe Quanah, affermò che Peta Nocona non era un capo.


Gli indiani che accompagnarono i Rangers contro i Comanches, provenivano dalla riserva del Brazos, aperta nel 1855

Il suo nome non appare in alcuna lista di leader Comanche.
La battaglia del Pease River viene descritta come una delle più importanti e schiaccianti vittorie dei Texas Rangers contro i Comanches, uno scontro in cui un manipolo di uomini sconfisse un nemico ben più numeroso. In verità sul Mule Creek 20 soldati e 20 Rangers assalirono un “hunting camp”, un campo di caccia formato da circa 9 tende e 15 Indiani, in gran parte donne e bambini, che stavano tagliando la carne e impacchettavano le provviste, preparandosi a partire.
In questo scontro, poi trasformato in una grande vittoria e in un colpo mortale sferrato alla potenza Comanche, furono uccisi 3 uomini e 4 donne e fu liberata, o catturata, a seconda dei punti di vista, Cynthia Ann.
Sullivan Ross, il comandante dei Rangers, si vantò, anni dopo, di aver ucciso in leale combattimento il gran capo Peta Nocona.
Quanah Parker, al contrario, affermò, in svariate occasioni, che il padre non era presente al momento della battaglia ma e non fu ucciso da Sul Ross ma visse per qualche anno ancora dopo l’incidente.
Per la tradizione Comanche, il guerriero ucciso sul Mule Creek si chiamava Nobah, oppure era uno schiavo messicano di Cynthia Ann di nome Jose Nokoni, come raccontò Neda Parker Birdsong.
Secondo il racconto di Wilbarger, ”il giovane e audace Nocona era al comando”. Ma non si capisce di che cosa, forse di tutti i Comanches presenti nella regione delle Antelope Hills e non sappiamo da chi fu riconosciuto. La presenza di Nocona durante la battaglia e il suo ruolo sono, evidentemente, una leggenda.

Wilbarger. Il 1 maggio dell’anno prima menzionato, all’incirca, il Colonnello John.S. Ford (Old Rip), alla testa di 100 Texas Rangers, tra cui alcuni leader come il Capitano Shapley. P. Ross (il padre del generale L.S. Ross), W.A. Pitts, Preston, Tankersley, e un contingente di 111 Tonkawas comandati dal famoso capo Placido, da tanto tempo fedele e riconosciuto amico dei bianchi, iniziò la campagna contro i razziatori Comanches, determinato a seguirli nella loro roccaforte tra le colline del fiume Canadian e, se possibile, a sorprenderli e punirli severamente.

Commento. John Salmon Rip Ford fu, in tempi diversi, un medico, un editore di giornali, un rappresentante e un Senatore dello Stato, un sostenitore della Confederazione e un esploratore che aprì la strada da San Antonio a El Paso attraverso i deserti infestati di Indiani del West Texas. Servì come sindaco di Brownsville e fu Sovraintendente della Scuola Statale per Sordomuti.


I Tonkawa erano spesso chiamati “Friendly Indians”

Possiamo definirlo una personalità eclettica e versatile e un uomo dalle molte opinioni.
Ma fu più famoso come combattente di Indiani e Messicani.
Si unì ai Rangers di Jack Hays nel 1836 e salì fino al grado di Luogotenente. Fu aiutante di Hays durante la guerra con il Messico e qui si guadagnò il soprannome. Era suo compito informare le famiglie della morte di un congiunto e Ford terminava le lettere con un postscriptum “Rest in peace”. Fu costretto a scriverne molte e quindi abbreviò il messaggio in “Rip” e questo fu il suo nomignolo.
Era un uomo colto e istruito, ma anche duro e coriaceo. Un vero frontiersman.
Nel gennaio 1858 ci fu una serie di razzie Comanche nelle contee di Erath e Brown.
Il 2° Cavalleria era stato inviato nello Utah a combattere i Mormoni e i Comanches ne avevano approfittato. Il Governatore Runnels decise di prendere in mano la situazione.
Raccolse la somma di $ 70.000 e reclutò 100 uomini per un servizio di 6 mesi. Ford fu nominato Capitano. La missione era inusuale. I Rangers dovevano varcare il Red River e colpire i Comanches nel cuore del loro territorio, dove si sentivano al sicuro.
Il Governatore disse a Ford “segui tutte le tracce di Indiani ostili che troverai e puniscili duramente”.
Ford si mise subito al lavoro, poichè aveva a disposizione fondi limitati. Reclutò i migliori Rangers, 102 in tutto, veterani della guerriglia di frontiera, li armò con 2 pistole e un fucile e li istruì nella tattica.
Il 29 aprile la spedizione attraversò il Red River e entrò nel Territorio Indiano, infischiandosene del fatto di non avere alcuna autorità al di fuori del Texas.

Wilbarger. Dopo una faticosa marcia di alcuni giorni, gli scouts Tonkawa riferirono che erano giunti nelle immediate vicinanze dell’accampamento Comanche.
I Comanches, sebbene fosse proverbiale la loro vigilanza senza sonno, non sospettavano il pericolo e fu così inaspettato l’arrivo dei Rangers che il giorno precedente la battaglia il Colonnello Ford il Capitano Ross si fermarono lungo la vecchia pista che correva da Fort Smith a Santa Fe, poco più a nord del Rio Negro, o False Wichita, e osservarono con il binocolo i Comanches che cacciavano i bisonti nelle valli appena più a nord. Quella stessa notte le spie Tonkawa completarono la loro audace missione localizzando, in maniera definitiva, la posizione del villaggio nemico.

Commento: Secondo quello che Ross scrisse nelle sue memorie gli Indiani amici, i “friendly Indians” che accompagnarono i Rangers nella spedizione contro i Comanches erano Caddos e Anadarkos guidati dal capitano Jim Pockmark e dal suo secondo Josè Casa Maria, i Tonkawas di Placido e del suo secondo in comando O’ Quinn, i Wacos di Ah-qua-quash, gli Shawnees e i Delawares del capitano Jim Linney e i Tawakonis di Nid-e-wats. Oltre a loro vi erano Caddo John, Chul-e-quah, Jem Logan e Keechi, una spia che aveva vissuto e cacciato coi Comanches e parlava il loro linguaggio.
Sempre secondo Ford, questi Indiani erano uomini di notevole intelligenza che conoscevano a perfezione la geografia e la topografia della regione. Tutti furono armati con Mississipi rifles e six shooters.
Dopo aver attraversato il False Wichita gli scouts scoprirono una larga pista lasciata da circa 400 guerrieri Comanche. La sera del 10 maggio le spie portarono a Ford 2 frecce estratte da un bisonte ferito, il primo vero segno del nemico.

Wilbarger. Placido reclamò per i suoi guerrieri il privilegio della completa vendetta contro i nemici ereditari. La sua richiesta fu accolta e i Tonkawas entrarono in azione cogliendo il nemico di sorpresa. Lo scontro fu breve, duro e sanguinoso. Le donne e i bambini furono presi prigionieri, ma nessun guerriero Comanche si arrese.
Secondo il loro codice d’onore, la morte era preferibile alle costrizioni e alle umiliazioni della prigionia. Non un solo guerriero fuggì a portare al suo popolo la dolorosa notizia del distruttivo combattimento.
Poco dopo il sorgere del sole, i Rangers giunsero in piena vista dell’accampamento nemico, situato in una delle pittoresche valli del Canadian e sulla riva opposta del fiume, nelle immediate vicinanze delle famose Antelope Hills.

Commento. Il racconto di Ford differisce, a questo punto, da quello di Wilbarger.
Rangers schierati prima dell’attacco
Ford scrisse, nelle sue memorie, che il suo piano originario era inviare un gruppo di scouts Indiani a far fuggire i cavalli Comanche e poi assalire il villaggio di sorpresa con il resto degli uomini. Ma alle 7 del mattino del 12 maggio e già il piena luce, i Rangers si imbatterono in un piccolo campo di 5 tipi. Ford inviò i Tonkawas a distruggere le tende e i Tonkawas presero alcuni prigionieri. Due guerrieri, però, fuggirono al galoppo verso il campo principale e diedero l’allarme.
Io ho qualche dubbio che i Tonkawas, i peggiori nemici dei Comanches possano aver risparmiato donne e bambini e preso prigionieri. I Tonkawas, come d’altra parte i Comanches, non provavano alcuna remora a uccidere donne e bambini e la guerriglia, nelle pianure, era un combattimento mortale, con poca pietà.

Wilbarger. Il panorama che si presentò alla vista dei Rangers era magnifico e il loro entusiasmo sopito si trasformò in grida di entusiasmo, che furono immediatamente zittite dal Colonnello Ford. Proprio in quel momento un solitario Comanche fu visto cavalcare verso sud in direzione del villaggio che Placido aveva appena distrutto. Era del tutto inconsapevole della vicinanza del nemico.
Immediatamente fu inseguito; il guerriero si voltò e galoppò a tutta velocità verso l’accampamento principale tallonato dai Rangers. Il Comanche attraversò il Canadian rivelando, così, agli inseguitori un guado sicuro attraverso il fiume tumultuoso e cavalcò per il villaggio gettando l’allarme, e subito i guerrieri Comanche si disposero in linea tra le loro donne e i bambini e i Rangers che avanzavano. I due schieramenti contrapposti impiegarono alcuni minuti a formare le linee e a schierarsi in tutta la loro forza.
Gli Indiani amici furono posizionati sulla destra e in un po’ più avanti. L’intenzione di Ford era ingannare i Comanches sulle caratteristiche del nemico che li attaccava e sulla qualità delle loro armi.

Commento. “Come ho scritto in precedenza, secondo il racconto di Ford due Comanches riuscirono a fuggire e a gettare l’allarme. I Rangers li inseguirono per 3 miglia fin quando giunsero in vista del villaggio principale. Ford aveva fatto indossare agli Indiani amici degli stracci di panno bianco in modo da non confonderli con il nemico, ora li fece schierare a destra e un poco più avanti per dare l’impressione ai Comanches di avere di fronte Indiani armati, come loro, di archi, lance e frecce.
Immagino, poi, che si sia svolta una scena ripetuta in quasi tutti i racconti e le leggende texane.Le due linee schierate. Da una parte i Comanches, dipinti di nero e di rosso (anche se si erano appena svegliati), con i loro copricapi di bisonte, le piume e le punte delle lance luccicanti sotto il sole di maggio, dall’altra i Rangers sudici e barbuti che li guardavano in cagnesco sputando succo di tabacco.

Wilbarger. Pohebits Quasho, abbigliato con tutto il suo costume di guerra, corazza, scudo, arco e frecce, completato da un copricapo decorato con piume e lunghi nastri di flanella rossa e pitturato coi colori di guerra, si spinse, con gaudio, a cavallo, a mezza via tra gli opposti schieramenti, lanciando insulti e grida di sfida.

Commento. Ora nel racconto ricompare Camicia di Ferro con la sua luccicante corazza Spagnola.
L’uso di armature tra gli Indiani delle Pianure è ben documentato.
George Bent, il noto mezzosangue Cheyenne raccontò che il suo popolo ottenne corazze dai mercanti Spagnoli (cosa poco probabile) e che la storia tribale ricordava la morte di due guerrieri di ferro nel 1750 e nel 1790.
Alla fine del 700 gli ufficiali Spagnoli a San Antonio e Santa Fe negoziarono alcuni trattati con un capo Comanche chiamato Cota de Malla o Camisa de Hierro che indossava una corazza strappata a un capitano Apache.


Iron Jacket e i Rangers

Nel 1843 un capo Sioux di nome Iron Shell guidò un raid contro i Pawnees.
Nel 1838 il guerriero Cheyenne Medicine Water acquistò una cotta di maglia da un Arapaho. Nel 1844 suo figlio Touching Cloud, vestito con la corazza paterna, caricò un gruppo di Delawares sul fiume Republican in Kansas. Nel 1852 lo stesso Touching Cloud si unì a una spedizione Cheyenne e Kiowa contro gli odiati Pawnees. Si scontrò contro il campione nemico Carrying the Shield in combattimento individuale e rimase ucciso quando una freccia scagliata dal suo avversario gli trapassò l’occhio destro.
Andrew Martinez, un prigioniero messicano che visse a lungo tra i Kiowa, ricordò la presenza di almeno 2 armature.
Nel novembre 1864 i soldati guidati da Kit Carson si scontrarono con i Kiowas a Adobe Walls, in Texas, Durante la battaglia, due guerrieri di ferro furono uccisi. Una corazza fu sepolta con il suo possessore, l’altra fu presa come trofeo dagli scouts Ute.
Un altro Iron Shirt Kiowa fu firmatario del trattato di Medicine Lodge nel 1867 e, probabilmente, fu lo stesso individuo che combatte contro i soldati al Palo Duro Canyon.

Wilbarger. Mentre il vecchio capo si avvicinava, alcuni colpi di fucile furono sparati, a breve distanza, contro di lui senza alcun effetto apparente; la sua presunta invulnerabilità incoraggiò i guerrieri e persino alcuni tra i Rangers più superstiziosi si domandarono se il vecchio Iron Jacket non fosse realmente un grande stregone.
Seguito dai suoi bravi, cavalcò verso i Rangers, descrisse alcuni cerchi magici, soffiò il suo necromantico respiro e scagliò diverse frecce verso il Colonnello Ford, il Capitano Ross e Placido, ricevendo il loro fuoco, che sembrava innocuo. Ma quando si avvicinò alla linea dei Tonkawas, un colpo di fucile sparato con mano salda e occhio infallibile da uno di loro, Jim Pockmark, fece cadere la Grande Medicina nella polvere. Il colpo fu mortale. Il capo caduto fu immediatamente circondato dai suoi seguaci, ma l’anima del magico guerriero aveva già preso il volo verso i beati territori di caccia.

Commento. Il racconto di Ford e meno romantico di quello di Wilbarger.
Ford scrisse che il capo dei Comanches, Iron Jacket, avanzò verso gli Indiani amici. Descrisse un cerchio con il cavallo e iniziò a espellere il respiro, gonfiando vigorosamente le gote. Una delle sue presunte magie era riuscire a deviare frecce e pallottole dalla loro traiettoria con il solo fiato. Era seguito dai suoi guerrieri che credevano nell’invulnerabilità attraverso il potere della sua armatura. Si udirono sei colpi di fucile, il cavallo del capo stramazzò al suolo e una seconda raffica mise fine alla sua esistenza terrena.
Due Indiani amici, la guida Shawnee Doss e il capo dei Caddo Jim Pockmark (che non era Tonkawa) rivendicarono il merito del colpo vincente.
Esiste una versione ancora meno romantica.
Il Ranger George Paschal raccontò che il capo Comanche si avvicinò per parlamentare con uno straccio bianco appeso alla lancia, ma fu colpito dai Rangers che non gli diedero, evidentemente, questa opportunità.

Wilbarger. Questi incidenti occuparono un breve spazio di tempo, poi fu dato l’ordine di carica e così iniziò uno dei più grandi attacchi contro i Comanches.
Le esclamazioni di entusiasmo dei Rangers e le grida trionfanti dei loro alleati rossi salutarono il gradito ordine. Ci fu, in risposta, l’insolente war whoop dei Comanches e in quelle vergini colline, lontano dalla civiltà, i saturnali della battaglia ebbero inizio.Le grida dei combattenti furiosi, i lamenti delle donne, i pietosi pianti dei bambini terrorizzati, l’ululato dei cani spaventati, il mortale suono dei fucili e delle pistole formarono un’assordante confusione di rumori infernali.

Commento. Esiste anche un racconto alternativo dello scontro, riportato dallo storico Thomas Kavanagh.
Secondo Joe Attocknie, che raccolse molta delle tradizione orale Comanche, all’inizio della battaglia i Comanches riuscirono a annientare la retroguardia Tonkawa, fatto non menzionato nel racconto di Ford. In questa versione i Rangers vengono descritti come timidi guerrieri che si nascondono dietro i loro eterogenei e bronzei alleati.


La battaglia secondo Remington

Due guerrieri furono uccisi. Uno di essi era un Comanche di nome Moopuh, soprannominato Iron Jacket, l’altro il padre, che aveva tentato di soccorrerlo.
Sempre secondo questo racconto i Rangers si ritirarono dopo aver perso tutte le provviste e, abbandonati dai loro alleati, furono costretti a cibarsi dei cavalli, per non morir di fame.
Questa è la versione Indiana, completamente diversa da quella di Ford.Per i Rangers fu una grande vittoria, per i Comanches una vergognosa ritirata e il famoso Camicia di Ferro della tradizione texana non sarebbe altro che un giovane guerriero.
Sempre secondo il racconto di Attocknie tra i friendly Indians ci sarebbero stati alcuni scouts Penateka, notizia non presente nelle memorie di Ford e abbastanza opinabile.

Wilbarger. Lo scontro fu duro e rapido, una carica, un subitaneo scambio di colpi di fucile e frecce e il cuore pieno di sconcerto e sgomento, poi i Comanches sconfitti abbandonarono le loro tende e il campo ai vincitori e iniziarono una disordinata ritirata. Con una certa tattica, tuttavia, cercarono di trarre vantaggio da ogni boschetto di alberi, da ogni collina e dirupo e resistere agli inseguitori, così da consentite la fuga delle donne e dei bambini.
Il rumore della battaglia si propagò, ora, da un centro comune come i raggi di una ruota e continuò a ferire le orecchie per alcune ore, facendosi a poco a poco più debole man mano che gli inseguitori scomparivano in lontananza.

Commento. Secondo il racconto di Ford i Rangers, subito dopo la morte di Camicia di Ferro, caricarono il villaggio e i Comanches, demoralizzati per la morte del loro capo, creduto invulnerabile, si sparpagliarono in tutte le direzioni, verso la pianura o tra gli alberi lungo la riva del fiume. L’ala destra al comando dello stesso Ford e del Tenente Pitts mosse direttamente verso il villaggio, sparando contro gli Indiani che fuggivano, mentre l’ala sinistra, affidata al Tenente Nelson, cercò di tagliare la loro ritirata.
Sempre secondo Ford, lo scontro diventò generale e si estese per una vasta area di più di 6 miglia. I Comanches cercarono di proteggere le donne e i bambini e la battaglia si trasformò in tanti combattimenti individuali.
Il secondo in comando, di cui non conosciamo il nome, fu ucciso dal Capitano Shawnee Chul-le-quash.
Ford scrisse che non era facile distinguere i guerrieri dalle donne… i loro indumenti erano quasi identici. Le donne indossavano una corta tunica di pelle, avevano i capelli più corti e mocassini, forse, un pochino diversi… In questo modo giustificò i “danni collaterali” della battaglia.
Questa prima fase si concluse tra mezzogiorno e l’una e i Rangers e gli indiani alleati iniziarono a ritirarsi verso il villaggio abbandonato con i cavalli, i prigionieri e i trofei di guerra.

Wilbarger. Ma un’altra divisione, al comando di Peta Nocona, si era messa in marcia attraverso le colline a nord del Canadian. Sebbene fosse distante dieci miglia, le sue fini orecchie avevano colto i primi rumori della battaglia e subito era montato a cavallo con Cynthia Ann al suo fianco, alla testa di 500 guerrieri.
All’una del pomeriggio l’ultimo dei Rangers era ritornato dall’inseguimento degli sconfitti di Pohebits Quasho, quasi in tempo per fronteggiare il minaccioso attacco.
Non appena il Capitano Ross (che era stato uno tra gli ultimi a ritirarsi) si avvicinò, chiese “che ora del mattino è, Colonnello?”. “Mattino? – esclamò Ford – E’ l’una del pomeriggio”. Così inconsapevole del passare del tempo è una persona durante un combattimento, che il lavoro di ore sembra lo spazio di pochi minuti.
“Perchè siamo schierati per la battaglia?” chiese Ross. “Guarda verso le colline e lo capirai”, replicò, con tranquillità, Ford, indicando le colline a un miglio di distanza, dove era visibile l’esercito di Peta Nocona, un’imponente linea di 500 guerrieri pronti per la battaglia.

Commento. Della presenza di Peta Nocona allo scontro e come capo dei Comanches ho già scritto in precedenza. E’ una leggenda, così come la presenza di Cynthia Ann, novella Boudicca del West, al suo fianco. Pura fantasia.
Non esistono, stranamente, molti resoconti di quella che viene considerata la più grande vittoria dei Rangers contro i Comanches.


Ancora un disegno dedicato alla battaglia tra rangers e Comanches

Per gli storici attuali, la fonte primaria di informazione sono le memorie di Rip Ford, circa 1.300 pagine scritte a mano dopo il suo ritiro a vita privata, memorie che furono corrette, riorganizzate e pubblicate dall’editore Stephen Oates nel 1963, un secolo dopo la battaglia. Oates scrisse in una nota, a proposito del capitolo On to the Canadian, in cui viene narrato il combattimento, che il racconto della spedizione, nel manoscritto originale, era un pasticcio, un casino. Lo definì oscuro e disconnesso e affermò che, per dare un senso logico a quanto era accaduto, lo aveva integrato con il più lucido rapporto fatto dallo stesso Ford al Governatore Runnels il 22 maggio 1858.
Ci si potrebbe domandare per quale motivo Old Rip non si ricordasse quasi più nulla della sua vittoria più prestigiosa. E vero che era passato del tempo e la memoria poteva fare cilecca, anche se non vi è un’analoga annotazione nel resto delle sue memorie, ma è anche possibile che le cose non fossero proprio andate come le aveva raccontate al Governatore e che ebbe un po’ di pudore a rinarrarle nella stessa maniera.
Oltre al resoconto di Ford, ne esistono altri due, uno del Tenente Nelson e l’altro del Sergente Cotter, entrambi scritti nel maggio 1858, poco dopo la battaglia. Poi poco altro
Ford fu intervistato da Remington, allora giornalista per l’Harper’s Monthly Magazine, nel 1896 e brandelli di informazione sono sparsi qua e là in articoli e libri. Ben poche testimonianze e testimoni di un evento storico e con tanti partecipanti.

Wilbarger. Il Colonnello Ford con 221 uomini aveva combattuto e sconfitto più di 400 Comanches e ora si preparava ad affrontare un esercito più forte e riposato che proveniva dai villaggi un po’ più a nord sul Canadian. Erano venuti per scacciare i visi pallidi e i loro odiati bronzei alleati dall’accampamento conquistato, per riprendere i prigionieri, i 400 e più cavalli e l’immensa quantità di bottino. Non temevano ciò che li aspettava nella valle, naturalmente, e erano pronti a approfittare di ogni incauto movimento dei Rangers; allora l’astuto Peta Nocona, con i suoi guerrieri, sarebbe balzato fuori dalla tana come un leone e, con uno sforzo combinato e disperato, avrebbe assalito e annientato il nemico. Ma il suo rivale era un soldato di troppa astuzia per lasciare qualsiasi tipo di vantaggio al suo vigile nemico.

Commento. Secondo il racconto di Ford, il primo scontro terminò tra mezzogiorno e l’una. Due Rangers, Oliver Searcy e Robert Nickels, che si erano spinti più lontano, si imbatterono, all’improvviso, in un nuovo contingente di Comanches che proveniva da un grosso accampamento distante 3-4 miglia. I due fuggirono ma Nickels fu ucciso a colpi di lancia. Searcy riuscì, invece, a nascondersi tra gli alberi lungo il fiume e fu soccorso dagli Indiani alleati.
Il nuovo esercito Comanche, il cui numero non viene precisato, si schierò sul crinale di una collina pronto per la battaglia. Sempre secondo il racconto di Ford, fu allora che gli alleati Indiani proposero a Ford un tranello. Avrebbero sfidato e impegnato i Comanches, in modo da permettere ai Rangers di aggirarli e attaccarli in un secondo momento.
Uno degli scouts cavalcò verso i Comanches e gridò loro “…abbiamo le vostre donne e i bambini prigionieri, i vostri wigwams, la vostra carne di bisonte e i vostri cavalli.Scendete giù, avete qualcosa per cui combattere!”.

Wilbarger. I due schieramenti rimasero a contemplarsi l’un l’altro per più di un’ora, durante questo tempo una serie di duelli tra singoli combattenti mostrò il modo di combattere Indiano e le marcate differenze tra il nomade Comanche e il suo simile semi-civilizzato, il Tonchua.
I Tonchuas traevano vantaggio da buche, alberi e altri ripari naturali. Le loro armi erano fucili e sei colpi. I Comanches venivano all’assalto con scudo, arco e lancia, montando e impennando destrieri vivacemente ornati, con le piume al vento e mostrando, in modo splendido, tutta la loro selvaggia fierezza e il loro fasto. Erano, probabilmente, i più esperti cavalieri al mondo.
Un guerriero Comanche cavalcava fino a un punto a mezza via tra gli opposti schieramenti, lanciava il suo grido di guerra e scuoteva lo scudo. Era una sfida al combattimento singolo.


Le Colline dell’Antilope, luogo della battaglia

Alcuni tra gli Indiani amici che accettarono questa sfida furono messi fuori combattimento dai più esperti avversari, e così il Colonnello Ford ordinò loro di non raccogliere più le canzonature dei selvaggi, con grande disappunto di Placido che si era comportato da eroe in una serie di duelli individuali.
Disse Ford: “…In questo combattimento la mente degli spettatori fu riportata indietro ai tempi della cavalleria, le giostre e le sfide tra i cavalieri e la scenica dimostrazione di coraggio. Gli ornamenti dei guerrieri erano superbi. Le lance e gli scudi venivano usati con grande perizia e l’intera performance era un insolito spettacolo per l’uomo civilizzato.”

Commento. Ford scrisse che i Comanches scesero dalle colline e incominciarono a minacciare, insultare e schernire gli Indiani alleati. Li sfidavano al combattimento individuale, in cui si sentivano più forti.
Iniziarono, così, una serie di scontri che gli fecero ricordare i duelli tra cavalieri in armatura. Scudi, lance, urla, cavalli che si impennavano, piume svolazzanti. Solo il rumore di uno sparo era fuori posto in una battaglia di tipo medievale.
Questa fase durò, circa, un’ora, poi i Rangers entrarono in azione.

Wilbarger. Il colonnello Ford ordinò, ora, a Placido di avanzare, con una parte dei suoi guerrieri in direzione dei nemici e, se possibile, di attirarli nella valle così da fornire ai Rangers la possibilità di caricarli. Questa manovra ebbe l’effetto desiderato e i Rangers si apprestavano a caricare quando scoprirono che gli Indiani amici avevano rimosso dalla testa il panno bianco poichè li faceva un bersaglio per i Comanches; in conseguenza di ciò i Rangers non riuscivano a distinguerli dal nemico. Per questo motivo furono fatti ritirare. I Comanches osservarono questi preparativi e cominciarono a arretrare. I Rangers avanzarono; trotto, galoppo e carica seguirono in rapida successione. Il Tenente Nelson fece un’abile manovra e colpì il fianco sinistro nemico. La linea Comanche si spezzò. Seguì un combattimento al galoppo per 3 o 4 miglia. Il nemico fu costretto a ritirarsi dovunque opponesse resistenza.
La difesa più accanita fu fatta in un boschetto. Qui uno dei guerrieri di Placido fu ucciso e un Ranger, il giovane George Pashal, ferito. I Comanches lasciarono diversi morti sul terreno e ebbero qualche ferito. Dopo averli sconfitti, i Rangers continuarono a inseguirli nel tentativo di prendere prigionieri le donne e i bambini, ma Peta Nocona, mettendo in pratica quelle qualità di comandante che avevano spesso caratterizzato la sua condotta sul campo, coprì la ritirata. Erano le 4 del pomeriggio e gli uomini e i cavalli sembravano esausti. Il Colonnello Ford ordinò l’alt e il ritorno al villaggio.

Commento. Il racconto di Ford è un po’ diverso. Secondo quanto scrisse, i Rangers avanzarono a rinforzo degli alleati e i Comanches iniziarono a ritirarsi, ponendo fine agli scontri individuali.
Poi i Rangers cercarono di aggirarli. Il Tenente Nelson, rinforzato dall’arrivo dei Tonkawas, colpì il fianco sinistro nemico e i Comanches si sparpagliarono in tutte le direzioni. Il combattimento a cavallo continuò per 2 o 3 miglia, poi Ford ordinò l’alt. I cavalli erano troppo stanchi e così si concluse la battaglia. Erano le 2 del pomeriggio. In questo secondo scontro – sempre secondo Ford – i Comanches lasciarono sul terreno 7 guerrieri, mentre le perdite dei Rangers furono un indiano Waco ucciso e un Ranger, George Pashal, ferito”.

Wilbarger. Il valoroso e vecchio Placido e i suoi guerrieri avevano combattuto come demoni. Fu difficile trattenerli, tanto erano ansiosi di vendicarsi dei Comanches. Durante tutti questi scontri, 75 Comanches morsero la polvere. Le perdite dei Rangers furono poche, 2 morti e 5 o 6 feriti.
I trofei di Pohebits Quasho, la lancia, l’arco, lo scudo, il copricapo e la sua famosa armatura furono depositati dal Colonnello Ford negli Archivi Statali di Austin dove, senza alcun dubbio, possono essere ancora visti come curiose reliquie di giorni passati.

Commento. Ford scrisse, nelle sue memorie, di essere ritornato al villaggio e di aver visto tutti i beni in possesso dei Comanches, pelli, carne di bisonte, oggetti di ogni genere, molti di fabbricazione bianca. I morti erano sparsi tra le tende. Alcuni erano privi delle mani e dei piedi, tagliati dai Tonkawas che erano notoriamente cannibali. Stimò le perdite Comanche in 76, senza distinzione tra uomini, donne e bambini, quelle dei Rangers in 2 morti e 3 feriti. Quando apprese da una squaw che il villaggio Comanche del capo Buffalo Hump era distante solo 12 miglia, decise di ritornare a Camp Runnels.


Comanches all’assalto

Nelle memorie di Ford non vi è alcun riferimento ai trofei di Camicia di Ferro, compresa la sua famosa armatura. Nulla di nulla.
Il Sergente Robert Cotter inviò, in seguito, una lettera non datata al Governatore Runnels e scrisse di avere inserito al suo interno un pezzo della corazza, affermando che i Rangers l’avevano tolta, tagliata in pezzi e distribuita come souvenir.
Questa è, pertanto, l’unica indicazione “plausibile” del destino della cotta di maglia”.

Wilbarger. Il compianto vecchio capo Placido cadde vittima della vendetta Comanche durante la seconda parte della Guerra Civile tra Nord e Sud, quando fu assassinato da una banda di nemici nella sua riserva vicino a Fort Sill.
Il venerabile John Henry Brown, molti anni fa, pagò un meritato tributo alla sua memoria attraverso le colonne del Dallas Herald.Di Placido si è detto che fu un uomo d’onore e che non tradì mai la parola. Pur essendo estremamente valoroso, noi dobbiamo solo fare riferimento ai suoi numerosi successi durante il suo lungo e gratuito servizio sulle nostre frontiere. Ebbe sempre la fiducia di Burleson e altri leader partigiani e rese inestimabili servigi ai primi pionieri Texani, in riconoscimento di ciò non ricevette mai alcuna ricompensa materiale, se non qualche misera libbra di polvere da sparo e di sale. Il Texas Imperiale dovrebbe erigere un monumento commemorativo alla sua memoria.

Commento. La sera del 23 ottobre 1862 una grossa banda proveniente dal Kansas e formata, probabilmente, da Osages, Delawares e Shawnees pro-Unione, a cui si erano uniti Comanches e Kiowas selvaggi e alcuni Caddos, assalì la Wichita Agency nel Territorio Indiano. Un indiano Delaware di nome Ben Simon era il loro leader. A quel tempo i Tonkawas vivevano nei pressi. Allarmati dal rumore degli spari e dall’incendio, fuggirono a est verso Fort Arbuckle. Furono però raggiunti dagli altri Indiani. Nel combattimento, o nel massacro, che ne seguì, i Tonkawas furono quasi sterminati. Le cifre dei morti variano da un centinaio a 133, 137, 142, 167 fino a 240.
Se questa ultima stima fosse corretta, questa sarebbe, forse, la più grande ecatombe di una tribù indiana nelle Grandi Pianure. Non essendoci però cronisti e giornalisti bianchi presenti durante gli ultimi istanti di Placido e dei Tonkawas, questo triste evento non viene quasi mai ricordato.
I motivi della carneficina non sono chiari.
Per alcuni storici, gli indiani pro-Unione assalirono i Tonkawas perchè erano pro-Confederazione. Per altri il vero motivo fu il cannibalismo. Un giovane Caddo o 2 Shawnees, a seconda dei racconti, erano stati uccisi e divorati, e i Comanches e i Kiowas furono felici di aiutare gli altri indiani nello sterminio dei Tonkawas.
Qualunque sia stato il motivo, il vecchio Placido terminò la sua esistenza terrena di amico fidato, ma poco ricompensato, dei bianchi.