“Fleming Bastard”

A cura di Gianni Albertoli

“Gli Algonquins si trovarono sotto gli attacchi degli Iroquois, che scesero nel loro paese per distruggerli… non sentendosi abbastanza forti per difendersi, cercarono allora asilo nella colonia francese”. I francesi si erano nel frattempo uniti agli Huron, appoggiarono i profughi e “inviarono distaccamenti, piccoli e grandi, a volte vittoriosi e qualche volta sconfitti” contro gli invasori; “… quando gli Iroquois, perfidi ed astuti, chiesero la pace”, pur negoziando, continuarono i loro attacchi. Una spedizione di guerra discese il fiume Richelieu (Sorel River), gli Irochesi costeggiarono Three Rivers durante la notte senza essere scoperti, poi “scesero fino a Quebec con la stessa fortuna” (Nicolas Perrot) per procedere verso le terre degli Hurons. Il 18 maggio 1656, il giorno dopo, erano pronti ad attaccare, “volevano prendere di sorpresa gli Huron quando questi andavano a lavorare nei campi, perché in quel momento erano fuori dalle loro fortezze”.
Gli Irochesi colpirono duramente, impedirono agli Huron di rifugiarsi nei loro villaggi fortificati, attaccarono violentemente e catturarono quasi tutti gli abitanti dei villaggi, che vennero poi imbarcati sulle loro canoe per passare davanti a Quebec il giorno dopo. Gli Irochesi “tornarono a casa trionfanti, misero a morte parte dei prigionieri e concessero la vita ad altri che, i posteri ricorderanno come i francesi abbiano abbandonato gli Hurons ai loro nemici” (Nicolas Perrot).


Un campo temporaneo

< > (Nicolas Perrot). Tutti gli insediamenti degli Algonkins erano siti nelle vicinanze di Three Rivers, gli indiani erano impegnati nella caccia e si erano divisi in due gruppi, uno si era spinto lungo il fiume Nicolet, mentre l’altro si era spostato verso “Ouabmachis”. In quelle terre vi era molta cacciagione e, soprattutto, “un gran numero di alci”, inoltre, “la neve era favorevole per la caccia e gli indiani ne potevano uccidere in gran numero”. In quel periodo il nome del guerriero “Piskaret” era molto famoso presso gli Algonkin, “si diceva fosse il terrore degli Iroquois, il suo valore era ben conosciuto perché era entrato in un villaggio nemico uccidendo una intera famiglia con la sua mazza da guerra, per poi rifugiarsi in una catasta di legna”. La notte seguente, “fece lo stesso in un’altra casa e, dopo aver privato i morti dei loro scalpi, si nascose nello stesso rifugio” (Nicolas Perrot); la terza volta però venne scoperto e fu costretto a darsi alla fuga. < > (Nicolas Perrot). Gli inseguitori si accamparono per la notte accendendo il fuoco, il guerriero, “quando vide che erano profondamente addormentati, balzò su di loro e ruppe loro le teste”, infine “tornò a casa carico di scalpi” (Nicolas Perrot). Il “grande guerriero” si mise in mostra anche in un’altra occasione, quando, con quattro uomini, attaccò cinque canoe irochesi infliggendo loro perdite pesanti e catturando alcuni prigionieri. Gli Algonkin ci dicono che “Piskaret era un uomo molto coraggioso, ma poneva grande fiducia nella forza del suo cuore e nelle sue gambe”, quando, “un giorno partì dal fiume Nicolet per andare a cacciare al di là del St. Francois… mentre stava tornando a casa carico di cacciagione, vide dietro di sé sei Iroquois che portavano una bandiera” (Nicolas Perrot).


Indiani Alngonquin

Gli Irochesi “marciavano e cantavano inni di pace”, volevano fargli capire che avevano intenzione di stipulare una nuova pace. L’Algonkin si avvicinò e, sedendosi con loro, accese la pipa dando loro del tabacco. Gli Irochesi lo informarono che stavano andando a visitare “padre Ononthio”, il Governatore della Nuova Francia. Dopo le attenzioni e le espressioni di stima, “uno dei sei Iroquois mise sulle sue spalle il carico del Piskaret, era l’abitudine dei selvaggi agire in quel modo con coloro che vengono onorati e rispettati” (Nicolas Perrot).
< < Tutti marciarono al passo con l’Algonquin in mezzo a loro, alcuni Iroquois però rimasero indietro e, quando rientrarono rapidamente, uccisero l’Algonquin con le mazze da guerra >> (Nicolas Perrot). Gli assassini si erano staccati da una grande spedizione di guerra composta da almeno un migliaio di uomini; quando si riunirono ai loro compagni, decisero di dividere le loro forze, dovevano assalire contemporaneamente gli Algonkin del fiume Nicolet e quelli dell’Ouabmachis. L’attacco doveva essere portato all’alba del giorno successivo. Molti Algonkins perdettero la vita, altri vennero catturati, ma alcuni riuscirono a fuggire, ormai “Gli Iroquois non avevano più nulla da temere, erano vittoriosi ovunque e gli Algonquins non erano in grado di reagire” (Nicolas Perrot); i resti della nazione si riunirono nelle zone di Three Rivers, proprio mentre un gruppo di Montagnais, proveniente dal Saguenay, si stabiliva a Sillery.


Un villaggio Urone

Gli Algonkins si riunirono in circa “400-500 uomini”, loro intenzione era quella di reagire militarmente, così ottennero l’aiuto dei “Nepissings” e dei “Mikmaks dell’Acadia”; ma “i dissensi prevalsero all’interno del partito di guerra… e ciò causò il fallimento dell’impresa… gli Algonquins non erano disposti a sopportare qualsiasi subordinazione” (Nicolas Perrot). La guerra sarebbe comunque continuata “fino all’arrivo del Reggimento di Carignan” (1665). Il “defunto Monsieur Le Moine venne catturato nello stesso anno dagli Outaouas” ma, giustamente la Emma Helen Blair ricorda il grossolano errore del Perrot, il Charles Le Moine, “Sieur de Longueil”, venne invece catturato dagli Irochesi. Sarebbe poi stato riconsegnato ai francesi grazie all’intervento di un potente leader. La notizia dell’arrivo di nuove truppe “si diffuse in tutti i villaggi delle tribù selvagge”, gli “Tsonontouans e i Goyogouans si unirono con gli Onontagues per chiedere la pace con i francesi e con le tribù del territorio, ma la pace durò fino alla guerra che si scatenò contro gli Tsonontouans” (Nicolas Perrot). La situazione non venne comunque risolta, “gli ambasciatori Onontagues, Goyogouans e Tsononouans dichiararono che i loro alleati non erano disposti a stipulare la pace”, ciò avrebbe portato “Monsieur de Courcelles a marciare contro di loro” alla testa di circa 500 uomini con un considerevole numero di canadesi, ma le guide non furono in grado di trovare la pista che portava ai villaggi nemici (febbraio 1666). < < Il Fleming Bastard era stato anche lì con un gruppo di Aniez, di cui era il capo >>, lo scontro fu durissimo e gli Irochesi furono respinti, ma la spedizione dovette poi ritirarsi per mancanza di viveri. La spedizione non avrebbe portato a grandi risultati ma, sicuramente, avrebbe intimidito gli indiani “Aniez e Anoyes” (Mohawk e Oneida) che avevano con loro alcuni prigionieri francesi come “Monsieur de Noirolle e un nipote di Monsieur de Tracy; il Monsieur de Chasy era stato ucciso a nord del forte La Motte, sul lago Champlain”. Al termine della campagna gli Aniez decisero di consegnare i prigionieri nelle loro mani e di chiedere la pace. Nel maggio seguente una nuova spedizione avrebbe intercettato il “Fleming Bastard” e i suoi guerrieri, per liberare parecchi prigionieri, ma gli Algonkin che affiancavano le truppe volevano mettere al rogo i guerrieri nemici catturati.
Un indiano Micmac
I prigionieri vennero portati a Quebec, dove il capo irochese poté parlare con “Monsieur de Tracy”; alla fine un prigioniero venne liberato, il suo compito era quello di organizzare un Consiglio di pace con i francesi. < > (Nicolas Perrot). Quando giunsero alla “Prairie de la Magdeleine” vi trovarono alcuni Onontagues reduci dalle cacce invernali, furono questi indiani che li informarono della presenza del “Fleming Bastard” a Quebec; allora si mossero velocemente verso l’insediamento francese. “Monsieur de Tracy” li accolse amichevolmente “alla sua mensa”, ma gli Irochesi si mostrarono “arroganti” e quando il Tracy ricordò la figura di suo nipote “Monsieur de Chasy”, ucciso da un capo presente, il leader indiano “alzò il braccio e a voce alta si vantò che la sua mano aveva spaccato la testa al giovane francese”, era una “assurda insolenza” ma, poco dopo, il capo giurò che non avrebbe mai più ucciso un francese. Il Tracy era furioso, fece incatenare il capo e “mandò a chiamare il boia, dando l’ordine che l’assassino doveva essere strangolato in presenza del Fleming Bastard” (Nicolas Perrot). Poco dopo “partì alla testa di 1.400 soldati canadesi e indiani Algonquins, accompagnato da Monsieur de Courcelles, per marciare contro gli Aniez”; “lungo la strada aveva lasciato il Fleming Bastard”. Quattro villaggi degli Aniez vennero distrutti e, “più di quattrocento anime morirono di fame durante l’inverno”, i sopravvissuti andarono “a mendicare cibo tra gli Onontagues”, ma questi rifiutarono “deridendoli” dicendo loro che “il vento di nord-est aveva distrutto il grano per colpa loro” (Nicolas Perrot). Quando il “Fleming Bastard” rientrò nelle terre della sua gente avrebbe trovato soltanto “morte e desolazione” ed allora, convinto dal suo popolo, sarebbe ritornato a Quebec per chiedere la pace, si propose come “ostaggio e si disse disposto a stabilirsi con la sua famiglia nella colonia” (Nicolas Perrot).


Irochesi impegnati in battaglia

Con il capo, parecchie famiglie Mohawks si sarebbero stabilite nelle zone di Quebec, lungo i corsi dei fiumi Ottawa e Creuse. Questo leader merita una trattazione particolare. Il “Fleming Bastard” (“Flemish Bastard, Bâtard Flamand, Dutch Bastard, Jan Smith, John Smith”) era un capo Mohawk, figlio di madre indiana e padre olandese che, appare in alcuni documenti olandesi con il nome di “Canaqueese”. I gesuiti francesi lo conoscevano come lo “Hollander”, il “figlio di una padre eretico e di una donna pagana”. Il capo appare per la prima volta nelle fonti storiche in una lettera di Marie Guyart – nota come “Marie de l’Incarnation” -, la quale descrive (luglio 1650) Canaqueese come il leader Mohawk che, a capo di 25-30 guerrieri, si mise in luce attaccando Trois Rivières; il Johannes Dyckman, Commissario di Fort Orange e Beverwyck, in contatto con il Luzon di Quebec, gli scrisse che Canaqueese è “un selvaggio molto amato dai Maquas”. Nel luglio 1654 il capo avrebbe raggiunto Quebec per consegnare due ostaggi francesi e, soprattutto, per lamentarsi del fatto che padre Simon LeMoyne avrebbe visitato gli Onondaga e non la sua gente. Il capo era ritenuto particolarmente abile e, soprattutto, “furbo e astuto”, non era favorevole ad un accordo con i francesi, la sua vera intenzione era quella di rompere l’alleanza tra i francesi e i loro alleati indiani; comunque, Canaqueese, nei suoi discorsi, metteva in chiaro che i Mohawk erano la nazione principale della Confederazione degli Irochesi.


Mappa degli stanziamenti degli indiani del nord

Il 30 agosto 1656 il Canaqueese riapparve nuovamente alla guida di guerrieri irochesi che attaccarono gli Ottawa e gli Huron al “Lac des Deux-Montagnes”, durante lo scontro, il gesuita Leonard Garreau avrebbe perso la vita per un “colpo di moschetto che gli ruppe la spina dorsale”. Il capo venne poi segnalato a Pointe Sainte-Croix (Point Platon, Stato di New York) con una quarantina di guerrieri; inoltre, secondo il Perrot, era a Corlaer (Schenectady, Stato di New York) quando il Remy de Courcelles vi giunse, nel febbraio 1666, alla guida di una spedizione punitiva francese. Il 24 luglio 1666 M. de Saurel, capitano del Reggimento “Carignan-Salieres”, con una forza di circa 300 uomini, si mosse contro i Mohawk per vendicare la morte di due ufficiali, prima di raggiungere i villaggi nemici, il Saurel incontrò Canaqueese che, a capo di una ambasciata di pace, gli consegnò parecchi prigionieri; infine, il capo sarebbe stato arrestato ma, l’8 novembre 1666, con un vecchio Mohawk, venne liberato, doveva tornare tra la sua gente e riportare, “nel giro di quattro lune”, tutti i prigionieri Huron e Algonkin ancora nelle loro mani.


In agguato sulle rive del fiume

L’anno dopo, nel 1667, Canaqueese viene ricordato dal colonnello inglese di New York, Richard Nicholls (1664-68), come “Jan Smith”; tre anni dopo il capo, con gruppi Mohawk, si sarebbe stabilito a “Khanawage”, nelle vicinanze di Montreal. L’ultimo riferimento storico di questo capo – noto allora come “John Smiths” – ci viene da un censimento che lo cita tra il circa 150 indiani cristiani che furono al fianco del Brisay de Denonville, impegnato in una spedizione contro i Seneca (1687).

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