Le armi all’origine della disfatta al Little Big Horn?

A cura di Gualtiero Fabbri
Ormai molti “miti” nati attorno alla famosa battaglia di Little Big Horn sono stati sfatati definitivamente e alcuni di questi riguardano le cause che portarono alla sconfitta del 7° Reggimento di Cavalleria degli Stati Uniti comandato dal tenente colonnello G.A.Custer.
Uno di questi “miti” riguarda la presunta concausa del disastro di Custer, individuata nell’inadeguatezza delle armi in dotazione ai cavalleggeri.
L’armamento di ordinanza dei soldati di George Armstrong Custer prevedeva la carabina “US Springfield mod. 1873” in calibro 45-70-405 che era un’arma mono-colpo con il sistema di chiusura “trapdoor” in cui il blocco-otturatore veniva ribaltato in avanti per caricare e scaricare. Oltre a questo, ogni cavalleggero era munito di un revolver Colt modello SAA 1873 a sei colpi calibro 45.
Le sciabole, anch’esse in dotazione, erano state lasciate alla base dietro preciso ordine di Custer, anche se alcuni ufficiali non tennero conto dell’ordine e le portarono con sé; tra questi citiamo l’italiano emigrato, tenente Carlo DeRudio.
Il difetto nell’armamento è imputato in genere alla carabina Springfield perché pare che i bossoli in rame (quindi un metallo abbastanza morbido) utilizzati, dopo alcuni colpi sparati restassero bloccati (letteralmente incollati) nella camera di cartuccia; e quando si forzava l’apertura per scaricare, l’estrattore tendeva a strappare il fondello del bossolo rendendo l’arma inservibile. Oltretutto, queste carabine non avevano come accessorio in dotazione la “bacchetta di pulizia” e per la rimozione del bossolo ormai deformato si doveva provvedere con la punta di un coltello.


Lo Springfield 1873

I soldati di Custer, quindi, dopo pochi colpi si trovarono praticamente disarmati.
Poiché questo problema non è stato confutato dai molti autorevoli studiosi che si sono dedicati al Little Big Horn, sarebbe logico pensare che la debolezza strutturale delle cartucce e la sproporzione numerica tra soldati e nativi siano state tra le reali cause della sconfitta.
Ma le cose stanno esattamente così?
Le cartucce in “calibro 47-70-405 government” al momento della loro “nascita” (1865) erano dotate di un bossolo in rame, ma c’erano quelle con un bossolo più resistente, in lega “Bloomfield”, che tecnicamente era ottone anche se con un basso tenore di zinco (5%) e quindi notevolmente più solide.
Le cartucce in dotazione alle carabine Springfield Trapdoor 1873 erano caricate con una dose di propellente inferiore alla normale carica – che di norma era composta da 70 grani di polvere nera, ma per via di problemi collegati al forte contraccolpo fu deciso di ridurre la carica a soli 55 grani – e comunque era in grado di utilizzare tranquillamente anche le cartucce con piena carica.
Quando fu adottato il modello 1873 al posto dei precedenti modelli 1868 e 1870 si ritenne adeguata la nuova cartuccia – come in effetti era – e questo è dimostrato dal fatto che non furono apportate altre modifiche.
Un fattore negativo, indipendente dalla cartuccia in se, era dato dall’incuria dei soldati e dalla cattiva conservazione delle munizioni che non venivano conservate nelle apposite scatole, ma trasportate sciolte nella giberna dove potevano ammaccarsi o deformarsi; a peggiorare la situazione, c’erano l’umidità, il sudore e l’acido della concia del cuoio, che le portavano a ricoprirsi di “verdigris” (verderame)… Tutti questi fattori contribuivano ad un eventuale inceppamento.


Soldati con il fucile Springfield

I soldati erano anche dei pessimi tiratori, in parte per la mancanza di un adeguato addestramento, come ci dice la testimonianza di un ufficiale di cavalleria dell’epoca che riduce ad una ventina all’anno i colpi sparati per esercitazione dai soldati “perlopiù alla selvaggina di passaggio”.
La poca abilità nel tiro non caratterizzava esclusivamente gli uomini di Custer che, anzi, si comportarono meglio di altri reggimenti in altre battaglie.
Al riguardo dell’utilizzo delle armi, proviamo ad esaminare un combattimento avvenuto poco prima della battaglia di Little Big Horn.
Parliamo della battaglia di Rosebud, nella quale furono coinvolti i soldati del Generale Crook che erano ben addestrati all’uso del loro fucile. Al Rosebud i 1.300 uomini di Crook spararono in sei ore circa 25.000 colpi, meno di 20 a testa. Ipotizzando che i soldati abbatterono circa cento indiani (ma non andò così), abbiamo il risultato di un colpo a segno ogni 250 sparati, ma se usiamo le cifre più vicine alla realtà, cioè una cinquantina di indiani morti, registriamo un colpo a segno ogni 500 sparati.
I soldati di Custer avevano a disposizione più di 80.000 cartucce e altre ne avevano di scorta sui carri delle salmerie e in due giorni spararono circa 42.000 colpi (65 a testa), ossia un centro ogni 138 colpi se i caduti indiani furono 304.
Ma è più plausibile che i caduti tra i nativi siano stati circa 200, per cui il risultato finale sarebbe di un colpo a segno ogni 168 sparati.
Come si vede, confrontando le cartucce sparate e la media dei colpi andati a segno, non si può addebitare alcunché alle armi dei soldati di Custer che anzi svilupparono un volume di fuoco di gran lunga superiore a quello dei loro commilitoni al Rosebud e assolutamente più micidiale.
Soldati e Springfield al Little Big Horn
Questo fu determinato anche dallo svolgersi della battaglia che, nel caso dell’attacco di Custer, fu una battaglia per la sopravvivenza, da ambo le parti. I soldati di Custer erano considerati un’elite nell’esercito americano e la presenza di reclute nella colonna era inferiore al 20%.
Per un’ulteriore riprova che lo Springfield 1873 non fu la causa della cattiva sorte della battaglia, ecco un altro confronto…
Tentiamo un parallelo tra il Little Big Horn e il Wagon Box Fight (battaglia dei Cassoni dei Carri) avvenuta, quest’ultima, in Wyoming nel 1867 nei pressi di Forte Kearny. In quell’occasione per la prima volta ai militari era stato dato in dotazione l’US Springfield Trapdoor, modello 1866, ossia dei fucili Springfield ad avancarica, residuati della Guerra di secessione, che però erano stati convertiti a retrocarica con il sistema Trapdoor di Erskine Allin, ritubate in calibro 50, e capaci di sparare potenti cartucce in calibro 50-70-500 con bossolo di rame.
Stando alle testimonianze, queste armi si inceppavano veramente dopo pochi colpi a causa della rottura del bossolo, ma essendo dotati di bacchetta-calcatoio, residuato dell’avancarica, l’inconveniente si risolveva in poco tempo.
I difensori nel recinto dei carri erano forse 32 e respinsero, vittoriosamente, per quasi cinque ore l’assalto dei Sioux. Si pensa che gli indiani fossero un migliaio.
Le perdite tra le fila dei soldati e dei boscaioli assommarono a 5 morti e 2 feriti, a fronte di circa 60 morti e 120 feriti di parte indiana.
Tenendo per buone queste cifre, andiamo a ricavare il volume di fuoco sviluppato dai difensori.
Dagli scritti riportati dall’autorevole Francesco Fissore apprendiamo che i soldati avevano a disposizione circa 7.000 cartucce e che almeno due civili erano armati di fucili a ripetizione Spencer e uno dei due sparò da solo quasi 300 cartucce.
E’ plausibile che in 270 minuti di battaglia i soldati abbiano quasi esaurito le 270 cartucce a testa e quindi si può ipotizzare l’esplosione di almeno 6.000 colpi tra militari e civili, il che significherebbe che ogni 33 colpi sparati uno faceva centro, ma la cifra è esageratamente alta.


L’attacco ai boscaioli al Wagon Box Fight

Sempre riguardo a questa battaglia, il capitano Powell parlò di una sessantina di nativi colpiti e questo dato porterebbe la media a un colpito ogni cento, ma è più credibile e probabile che i nativi colpiti siano stati una trentina e quest’ultima cifra (un colpito ogni duecento spari) è quella che più si avvicina alla casistica che abbiamo esposto nelle altre battaglie e parrebbe la più logica.
La “battaglia dei cassoni da carro” dimostra inequivocabilmente che al Little Big Horn le armi dei militari non rientrarono nelle cause della sconfitta.
Nel primo caso trenta uomini, male armati, riuscirono a tenere testa vittoriosamente ad un migliaio di attaccanti; nel secondo, duecento soldati, dotati di armi migliori, non seppero reggere l’impatto con contro seicento-ottocento guerrieri al massimo.
E’ pur vero che le sponde di un carro rovesciato offrirono un riparo migliore di un cavallo, ma nemmeno quelle erano a prova di proiettile.
Motivi validi in grado di spiegare l’annientamento dei soldati di Custer ci sono stati certamente, ma tra questi non rientra – altrettanto certamente – l’incolpevole Springfield Trapdoor 1873.

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