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Ouray e la rivolta della riserva di White River

A cura di Davide Zaccaria

Un ritratto di Ouray
Ouray era un capo degli indiani Ute molto amato e rispettato. Nacque nel 1820 nel Colorado e morì il 24 ottobre 1880 nell’agenzia ute di White River.
Da giovane combattè anche duramente contro i nemici Sioux, gli Arapaho e Cheyenne.
Era per metà di sangue Apache, era molto intelligente e vantava una certa predisposizione per lingue: infatti, cosa per nulla comune, parlava benissimo l’inglese e lo spagnolo.
Sfruttava ogni occasione per parlare con i commercianti e i cacciatori bianchi per ampliare le sue conoscenze linguistiche, ma anche culturali.
Come altri indiani, a Ouray piaceva bere le bevande alcoliche dell’uomo bianco, ma quando conobbe a fondo i principi dei metodisti, decise di smettere.
Era un bravo guerriero, ma nel 1860, per l’amore di suo figlio, smise la pista di guerra e divenne un portatore di pace.
Ouray visse per due anni nella riserva di Los Pinos e lì si guadagnò il lavoro di interprete governativo con un compenso pattuito di 500 dollari all’anno, una cifra dignitosa ed allineata con tanti altri incarichi del mondo dei bianchi.
Nel frattempo, però, la situazione tra coloni e indiani si aggravò. I coloni pretendevano sempre più terre e quindi piccoli gruppi di guerrieri Ute fecero razzie incontrollabili.
Nel tentativo di porre fine alle incursioni, i bianchi nominarono un capo supremo per tutta la tribù e la responsabilità cadde proprio su Ouray che fu eletto il 7 ottobre 1863 a Canejos, in Colorado. Subito dopo fu sottoscritto il trattato di pace tra Ute e Stati Uniti.


Il capo degli Ute, Ouray, con sua moglie

Con il trattato gli ute cedevano ai coloni i territori a est della catena delle Montagne Rocciose e permettevano a tutti i cercatori d’oro di andare sulle montagne per le loro ricerche e per il loro lavoro. In cambio avrebbero ricevuto viveri e merci per il valore di ventimila dollari all’anno, quanto si riteneva sarebbe bastato per far vivere dignitosamente la tribù.
Gli Ute si guadagnarono la fiducia delle giacche azzurre e di Kit Carson aiutandoli persino nella campagna contro i Navajo, loro nemici storici.
I due novelli amici, Kit Carson e Ouray, nel 1868 andarono a Washington, accompagnati da parecchi altri capi Ute invitati dall’Indian Bureau.
Il motivo delle trattative erano le lamentele dei coloni per le incursioni da parte degli Ute. Si decise quindi che gli ute dovevano entrare in una riserva e cedere altre terre per i coloni. Il trattato fu siglato il 2 marzo 1868.
Ma i coloni pretendevano più terre e allora nel settembre 1873 una delegazione proveniente da Washington promise agli Ute che in cambio di ulteriori terre avrebbero ricevuto in cambio 23.000 dollari all’anno. A Ouray vennero promessi 1.000 dollari come rendita e in più avrebbe avuto del bestiame e una fattoria.
Quando gli altri ute vennero a sapere dell’accaduto, l’autorità di Ouray venne meno e la fiducia della tribù verso il loro capo, calò sensibilmente.
Come ogni riserva, anche quella degli Ute doveva accogliere un agente e l’agente della riserva di White River era un bianco che a tutti i costi voleva far integrare gli Ute tra i bianchi. L’agente era Nicholas Nick Meeker. Meeker era onesto, arrogante e impetuoso; aveva preso il posto di agente indiano grazie al senatore Teller, suo amico.


Ouray a Washington con altri Ute

Prima che arrivasse Meeker, gli Ute stettero tranquilli, impegnati nel passare la giornata, cosa inconcepibile per Meeker, sempre impegnato a promuovere le attività dei bianchi come ideale a cui aspirare.
Il vecchio Nick, come lo chiamavano gli indiani, parlava spesso del lavoro dei bianchi che coltivavano la terra e che vivevano in case solide, spiegando agli Ute come l’uomo bianco avesse raggiunto un livello di civiltà più elevato rispetto ai nativi, a quel tempo considerata selvaggia.
Ouray si limitò a dire soltanto che il nuovo agente indiano era malato di mente, ma inoffensivo. Nonostante qualche precedente, gli Ute non mettevano mai in discussione la parola di Ouray e così gli indiani ascoltavano le prediche di Meeker e poi se ne andavano.
Ouray partì per la caccia autunnale al cervo e nel frattempo l’agente indiano fece costruire una scuola nella striscia di terra dove gli Ute facevano le corse dei cavalli.
Meeker chiamò dunque tutti i capi minori, Samson Rabbit, Colorow, Douglas e Matagoras, dicendogli che avrebbero dovuto mandare i bambini a scuola, ma i capi dissero che faceva “troppo caldo, magari tra un mese quando farà più fresco”.
L’agente indiano minacciò i capi che se non avessero mandato i figli a scuola avrebbe fatto venite l’esercito. Ormai i rapporti erano mutati e allora Meeker fece arrivare un drappello di soldati provenienti da Fort Steele e comandati dal capitano Payne.
Payne parlò agli Ute dicendogli semplicemente che avrebbero dovuto obbedire all’agente, poi se ne tornò al forte.
Meeker accumulava errori su errori… Un giorno fece arare i campi agli Ute, ma la cos anno fu ben vista da altri guerrieri che ritennero la cosa poco onorevole e che spararono un colpo in aria. Meeker accuso quei guerrieri di aver sparato per intimorire gli aratori.
L’agente indiano con gli Ute
I rapporti peggiorarono ancora, per cui il vecchio Nick telegrafò all’esercito, sostenendo che sarebbe stato meglio mandare dei soldati, perché c’erano chiari segni di una ormai imminente rivolta.
Il maggiore Thornburgh, inviato a White River, entrò nella riserva con tre squadroni di cavalleria. Questo per gli indiani rappresentava una violazione del loro territorio.
I capi minori si riunirono in consiglio e si decise che bisognava respingere i soldati e punire Meeker.
La pista dei militari attraversava la gola del Red Canyon e proprio lì gli Ute aspettarono in silenzio finché uno scout vide del movimento tra gli alberi e avvertì il maggiore che mandò avanti un drappello che fu completamente spazzato via dai colpi degli indiani in una drammatica imboscata.
Il maggiore Thornburgh attaccò con la cavalleria, ma il suo errore costò la vita a molti altri dei suoi uomini e a lui stesso che infatti morì poco prima della ingloriosa ritirata. Era il 30 settembre 1878 e morirono 7 soldati e il maggiore.
Meeker non sapeva niente dell’imboscata e non ebbe scontri con gli Ute, finendo per pensare che i problemi fossero cessati. Incaricò allora un corriere, Wilmer Eskridge, di consegnare una lettera ai soldati per informarli che la rivolta era finita, ma il corriere non arrivò mai a destinazione e venne ucciso dagli Ute durante la strada.
Calò la sera e la famiglia di Meeker aveva finito di mangiare, quando gli ute attaccarono e uccisero tutti tranne sua moglie e le figlie che furono rapite. Fu un attacco improvviso e violentissimo che proseguì contro i soldati che nel frattempo si erano trincerati nei carri ove rimasero sotto assedio mentre gli indiani uccidevano quasi tutti i cavalli. Poi toccò ai soldati che pagarono il pesantissimo tributo di ben 13 soldati uccisi e 43 feriti.


Una famiglia di Ute

Durante la notte un soldato di nome Murphy prese uno dei cavalli ancora vivi e riuscì a fuggire e avvertire i soldati del forte.
La mattina seguente del 2 ottobre vennero in aiuto i soldati del 9° reggimento di cavalleria di colore, ma gli Ute per niente spaventati fecero il tiro a segno contro i cavalli, appiedando i soldati neri che raggiunsero i loro commilitoni dentro il cerchio di carri.
La mattina del 3 ottobre, 4 squadroni di cavalleria e 5 di fanteria provenienti da Fort Russel al comando del colonnello Merrit raggiunsero i loro commilitoni, ma anch’essi dovettero trovare riparo dai colpi degli Ute.
Nello stesso giorno arrivò alfine il capo Ouray che, utilizzando tutto il suo carisma, pose fine agli scontri fece liberare le tre prigioniere. Tale era la sua autorità!
Il 24 ottobre mentre tornava all’agenzia per chiarire la posizione del suo popolo morì e questo segnò la fine degli Ute.