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Il vero West

A cura di Arrigo Petacco

L’uomo cavalca nella polvere rovente, tetro, vestito di nero come un pastore battista, col cappellaccio che gli scende fin sugli occhi e le due grosse Colt che gli ballonzolano ai fianchi. Il mulo che lo segue porta legato sul basto un fardello ingombrante, di forma rettangolare, avvolto in una coperta. Quando smonta di sella davanti al «Mammouth Palace» di Ellisworth, nell’Idaho, e scarica il suo mulo, il grosso fardello risulta essere una bella cassa da morto verniciata di nero e ornata di filettature d’argento. L’uomo entra nel saloon, deposita la bara accanto alla porta, ordina da bere e quindi si rivolge agli astanti che lo osservano incuriositi.
«Sono Coffin Bill», dice, «e vengo dal Wyoming per cercare un tale che si fa chiamare Revolver Sam. Ho qui perlui un regalo che mi è costato quarantatré dollari».
I mandriani che affollano il saloon non tardano a capire che, fra poco, in quel posto farà caldo. Lentamente,lasciano a uno a uno i tavoli da gioco e vanno a radunarsi sotto la veranda che rappresenta un buon punto di osservazione. Nel locale resta seduto al suo posto soltanto un avventore.
E’ vestito con abiti di pelle ornati di scalpi, secondo l’uso indiano, e porta tre pistole infilate alla brava nel cinturone. E’ Revolver Sam ritenuto, in quel momento,la pistola più veloce del West. Un anno fa ha privato dell’ambito titolo il fratello di Coffin, Ned, dopo un regolare duello alla pistola. Ora, evidentemente, Bill vuol riportare quel primato in famiglia. I due si studiano a lungo, in silenzio, quindi Sam si alza e accarezza amorevolmente i calci d’avorio delle sue pistole. «Hai fatto bene a portarti dietro la bara, Coffin», sogghigna. «Specialmente se sei lento come quella tartaruga di tuo fratello…» Le mani corrono alle armi. Il loro gesto è fulmineo, quasi sincronizzato, ma è Coffin a premere per primo il grilletto e Revolver Sam cade faccia in avanti con un buco rotondo fra gli occhi.
Questa scena sembra tolta da un moderno film western, invece l’episodio è effettivamente accaduto a Ellisworth il 16 luglio 1871. Lo rievoca fedelmente uno di quei giornaletti di frontiera che ancora oggi rappresentano l’unica fonte storica per chi vuoI conoscere i costumi e le abitudini del favoloso West americano. Coffin Bill e Revolver Sam sono comunque soltanto due degli innumerevoli tiratori che partecipano alla gara permanentemente aperta fra i cow-boys per conquistare il pericoloso record di «pistola più veloce del West».


Una spedizione nel West

Un record, d’altra parte, che è difficile detenere a lungo perché gli sfidanti non mancano. A Coffin Bill, per esempio, lo porterà via pochi mesi dopo John Wesley Hardin, «pistola numero uno del Texas», giunto appositamente nell’ldaho per dar prova delle sue capacità.
Al centro di questa gara mortale che spinge gli uomini a cavalcare per giorni e notti al solo scopo di provare la sveltezza della propria mano, c’è sempre la Colt. Il revolver a ripetizione che il colonnello Samuel Colt ha inventato nel 1835, ha modificato i rapporti di forza fra gli uomini della frontiera segnando l’inizio di una nuova era. «Dio creò gli uomini diversi fra loro», usano dire i cow-boys, «ma il colonnello Colt li ha resi uguali». Ora infatti non è più un privilegio possedere una forza erculea e pugni simili a mazze. La forza muscolare ha dovuto soccombere di fronte alla destrezza. Il draw, lo strappo, o più figuratamente, l’abilità di estrarre, mirare e colpire nel minor tempo possibile, è l’arte che ogni ragazzo del West coltiva con maggior passione. Per eccellere non servono i muscoli, ma nervi saldi, mani da pianista e prontezza di riflessi. Privi di draw, il tubercolotico Doc Holliday, il mingherlino e nevropatico Billy the Kid e molti altri pistoleros non sarebbero mai entrati a far parte della leggenda.
La destrezza nell’uso della Colt non è soltanto un hobby, ma anche una fonte di reddito considerevole. Chi sa sparare bene ha la parte del leone nella spartizione del bottino e può anche guadagnarsi la vita onestamente come cacciatore di taglie o come sceriffo. Il draw è inoltre molto utile per liquidare i propri nemici senza avere noie con la legge. Il codice d’onore degli uomini della frontiera non punisce infatti chi uccide un uomo dopo avergli dato la possibilità di difendersi.
Billy The Kid
Il movente non ha importanza in questo gioco mortale e la funzione dello sceriffo consiste quasi sempre nell’accertare «come» un individuo è stato ucciso e non «perché». I pistoleros possono quindi macchiarsi di dozzine di omicidi e riempire di tacche i calci delle proprie pistole mantenendo intatta la propria rispettabilità di cittadini.??I film western di oggi hanno naturalmente ingigantito l’abilità di questi artisti della pistola, ora affinando con mille accorgimenti la loro maestria nell’uso delle armi, ora esaltando le loro doti morali trasformando volgari ammazzasette in disinteressati difensori della legge. Nel vero West, invece, la situazione è assai diversa. I pistoleros sono sempre gente dura, spietata, crudele, pronta a passare da una parte all’altra senza pregiudizi di sorta. Non hanno ideali, come non può averne chi opera in una società in formazione priva di leggi e costituita di uomini che si sono gettati allo sbaraglio in territori sconosciuti per sfuggire alla miseria o, assai più spesso, al capestro. 
«In tre mesi, da quando ho assunto il comando di Fort Lyon», scrive nel 1870 il maggiore Wyncoop al generale Sherldan, «non mi è ancora capitato di avere ai mi’ei ordini un soldato integralmente onesto. Il reggimento è un campionario che interesserebbe soprattutto un criminologo. Vi sono ladri di bestiame, assaltatori di diligenze, svaligiatori di banche, tiratori col calcio della Colt pieno di tacche e anche un tale che ha strangolato la moglie nel sonno. l più trattabili sono i bari, i contrabbandieri e i maniaci sessuali. E’ chiaro però che la disciplina, per quanto ferrea, non è sufficiente a domare questa gente che si è arruolata solo per sfuggire alla forca»
Ma solo con truppe di questa fatta il Dipartimento della Guerra potrà portare avanti la «civilization» lungo la frontiera e concludere in breve tempo lo sterminio pressoché totale delle tribù indiane.In questo quadro di violenza è facile capire che chi sa maneggiare bene la Colt può facilmente sbarcare il lunario. Le bande di fuorilegge hanno sempre bisogno di bravi tiratori e così le comunità di coloni che non esitano a stipendiare un pistolero affinché li difenda da altri pistoleros. Con la stella sul panciotto o col fazzoletto legato sotto gli occhi, per i tiratori il lavoro non manca, ed è un lavoro facile e ben remunerato. C’è, è vero, il rischio di lasciarci la pelle, ma nel West si può morire in mille altri modi, e tutti assai meno gloriosi.
Jesse James e i suoi pard
D’altra parte, i professionisti della pistola non sono così numerosi come generalmente si crede. Nella seconda metà del secolo scorso ne sono emersi appena una ventina e molti di essi godono di una fama non meritata. Cole Younger, luogotenente di Jesse James, rivela al reporter del New York Herald: «Il grande Jesse non è poi così bravo con la pistola. Una volta, per esempio, l’ho visto consumare diciassette cartucce per far fuori un uomo. Comunque», aggiunge, «cinque volte su dieci sbaglia il bersaglio».
Younger, allegrone ed estroverso, con la Colt riesce invece a compiere prodezze difficilmente eguagliabili. È capace, per esempio, di staccare una mela dal ramo con un colpo e centrarla con un secondo colpo mentre cade a terra. Anche la sua crudeltà è, malgrado i tempi, alquanto fuori del comune. Ha il vezzo di appendere le orecchie della sue vittime al morso del cavallo e riesce a scotennare gli avversari con la maestria di un apache. Una volta durante la Guerra di Secessione, quando combatteva con i guerriglieri di Quantrill, scommise che col suo fucile Enfield avrebbe potuto uccidere dieci persone con un colpo solo. Poi mise in fila dieci prigionieri nordisti e sparò nella pancia del primo. Non vinse la scommessa perché il proiettile trapassò soltanto tre uomini e si fermò nella pancia del quarto, ma Cole finì gli altri con la pistola.
Per essere maestri nel draw non è necessaria una uniformità di stile. Ogni tiratore ha una propria scuola. C’è chi porta le pistole al cinturone come tutti i cow-boys dello schermo e chi invece preferisce sistemarle proprio sulla pancia con il calcio verso l’esterno, oppure sotto l’ascella o messa di traverso sul petto col cinturone a bandoliera.
Il mancino Buck Duane, che prima di fare carriera nei Texas rangers era un grassatore matricolato, porta la pistola legata alla coscia sinistra, quasi sul ginocchio. Per sparare alza di scatto la gamba sino all’altezza della mano. Buck ha anche la mania di colpire due volte il bersaglio, quasi sempre nello stesso punto, e di lasciare sul cadavere delle vittime un asso di spade. Wyatt Earp, sceriffo a pagamento e «pacificatore» di Dodge City, porta una sola pistola sul fianco destro.

È lui che ha lanciato la moda di far scorrere la mano sinistra sul cane dell’arma per accelerare la rotazione del tamburo, Questo sistema, adottato anche dai suoi fratelli Virgil, Morgan e Jim e dal fedele dentista-pistolero Doc Holliday, darà i suoi buoni frutti il 26 ottobre 1881 nella sparatoria dell’O.K. Corral che segnò la fine dei peggiori fuorilegge di Tombstone.
Wyatt Earp
Il loro successo con la pistola è tale che Wyatt e Doc decidono di approfittarne mettendo su a Tombstone una redditizia impresa di pompe funebri.
Wild Bill Hickok, giudicato tuttora la «pistola numero 1» di tutti i tempi, è un poco diverso dai suoi colleghi. E’ vero che fu addestrato da Jules Table, detto «Il francese», un emerito assassino che usava farsi versare whisky nelle orecchie appena mozzate delle sue vittime, è anche vero che non uccise sempre i suoi avversari secondo il «codice d’onore» del West, tuttavia riesce a mantenersi sempre dalla parte giusta, o almeno da quella che riteneva tale. Giocatore, pistolero, cacciatore di bisonti, postino del Pony Express, Wild Bill, «Bill il selvaggio», compare nel 1869 ad Abilene per assumere la carica di sceriffo e incassare il considerevole stipendio di cinquemila dollari. Porta baffi spioventi e capelli lunghi e ondulati di cui è molto fiero.
Tre cow-boys che osarono sorridere della sua «chioma da signorina», non hanno avuto neppure il tempo di pentirsene. Bill è uno sparatore d’eccezione. Porta le Colt sulla pancia e usa estrarle incrociando le braccia. Un modo singolare ma evidentemente efficace se si considerano le quaranta e più tacche segnate sui calci di madreperla delle pistole. Abilene, dominata dalla feroce banda dei fratelli Logan, è pacificata così rapidamente che il fatto non manca di preoccupare i maggiorenti della città. Con un pistolero così bravo in circolazione non si rischia forse di richiamare ad Abilene altri pistoleros desiderosi di dimostrarsi più bravi di lui? Wild Bill è liquidato. Egli lascia l’ingrata Abilene per svolgere in altre contrade ora l’àttività di sceriffo, ora quella del giocatore. Alcuni anni dopo, il 2 agosto 1876, mentre è seduto in un saloon di Deadwood per un poker, uno sconosciuto gli scivola alle spalle e gli spara alla nuca. L’assassino si chiama Jack McCall e, come altri americani di ieri e di oggi, ha scelto questo modo per uscire dall’anonimato. Nello spasimo della morte, le mani di Wild Bill hanno gli indici ripiegati come se premessero il grilletto. Sparse accanto a lui ci sono le carte della sua ultima partita: due assi e due otto. I cow-boys la chiameranno da quel momento «la mano del morto».
Wild Bill Hickok
A Deadwood dove finisce i suoi giorni, Wild Bill lascia una donna in lacrime. Il suo vero nome è Martha Jane Canarray, ma tutti la conoscono come Calamity Jane. Cavalca e spara come un uomo, ha fatto di volta in volta il bandito, la cacciatrice di bisonti, la scout e il soldato nell’armata del generale Crook. Ama vestirsi da uomo, beve whisky come un madriano ed è l’unica donna a cui nessuno osa impedire l’ingresso nei saloons. La chiamano Calamity, ossia «calamità» per la maniera spiccia con cui suole sbarazzarsi dei mariti e degli avversari. Più tardi, quell’abile uomo d’affari che fu Buffalo Bill, la convincerà a esibirsi nel circo da lui organizzato per mostrare al mondo civile i campioni del selvaggio West (di questo circo, che venne in Italia nel 1906, faceva parte anche Toro Seduto che, una sera, fu arrestato alla Spezia per ubriachezza molesta).
Calamity non resterà a lungo lontana dal West, e vi ritornerà per morirvi, a 52 anni, corrosa dall’alcool. Calamity Jane non è l’unica donna famosa della frontiera. Belle Star, donna-bandito, amica di Jesse e amante di Cole Younger, arricchisce la storia locale con memorabili episodi. Di solito usa rapinare le bische dove i suoi numerosi mariti perdono al gioco il gruzzolo di famiglia. Kate Naso Grosso, ballerina e avventuriera, a Port Griffin si innamora di Doc Holliday, il dentista che ha dovuto cambiare mestiere perché i clienti non sopportavano la sua tossetta da tubercolotico. Quando Doc, che ha ucciso un compagno di gioco, rischia di essere linciato, Kate è pronta a spalleggiarlo. Prima appicca fuoco al saloon per distrarre l’attenzione della folla poi immobilizza e disarma una decina di cow-boys e quindi lascia a cavallo Port Griffin con il suo amato.
Calamity Jane
Mattle Silk, formidabile giocatrice, porta due grandi tasche nella gonna: una per metterci le monete d’oro che vince ai dadi, l’altra per la «Colt da frontiera» con l’impugnatura tempestata di perle. Per motivi di gelosia, Mattle un giorno sfida a duello la rivale Kate Fulton. Si battono sulla riva del fiume Platte, di fronte a un, centinaio di cow-boys. Le due donne sparano simultaneamente, ma non si feriscono. Il proiettile sparato da Mattle va però a centrare certo Cort Thompson, il cow-boy per cui è sorta la lite. Poi c’è Alice Poker, vedova di un ingegnere minerario, diventata giocatrice per necessità. Chi bara con lei rischia sempre la pelle. C’è, infine, la bella Etta Place, creatura affascinante, figlia naturale di un Lord, che ha abbandonato la carriera dell’insegnante per seguire Harry Longbaugh, detto «Sundance Kid» e l’amico fraterno di lui, «Butch Cassidy» soprannome di Robert Le Roy Parker uno dei più grandi fuorilegge d’America. Etta cavalca come un Sioux e maneggia la Colt come un pistolero di razza. Verso la fine del secolo, quando la «civilisation» rende il West inospitale per i fuorilegge, lei segue i suoi due uomini. in Sudamerica dove tenteranno inutilmente di ricreare l’ambiente della vecchia frontiera. L’epoca d’oro dei pistoleros è il trentennio fra il 1870 e il 1890, quando la ferrovia comincia a trasportare negli immensi territori del West una folla di gente dalle origini più diverse ma animata dallo stesso desiderio: quello di fare fortuna. È un mondo difficilmente descrivibile quello che sta sorgendo.
«La nuova linea ferroviaria transcontinentale americana è indubbiamente un’opera colossale», scrive nel 1871 l’inviato del londinese Globe, Cyril Powell. «Può portarci (salvo incidenti) da New York a San Francisco in otto giorni. Tuttavia ogni gentleman inglese che sia degno di questa definizione non potrebbe usufruire di questo rapida servizio senza mettere a repentaglio il proprio decoro e la propria onorabilità di cittadino britannico. Sui vagoni addobbati can tendaggi e ottani di pessimo gusto, pullula tutta la feccia delle città di frontiera: ladri, biscazzieri, prostitute, trafficanti di ogni risma e persino autentici banditi.
La Union Pacific Railroad
Durante il mio viaggio è anche accaduto che un ladro sorpreso in flagrante – non inorridite o londinesi! – è stato percosso a sangue e impiccato seduta stante nel vagone-ristorante. Il suo cadavere ha oscillato come un pendolo fino al nostro arrivo a Fort Hallek».
Da parte sua, il predicatore americano Samuel Bowle aggiunge: «l villaggi che sorgono frettolosamente lungo la nuova ferrovia per poi sparire col procedere dei lavori, sono una specie di Gomorra. Vi si fa turpe mercato di tutto. l giocatori, i “pistoleros” e le donne perdute imperano con tutta la loro nefasta influenza. Nell’inferno sono stati reclutati quegli esseri di perdizione e nell’inferno ritorneranno alla resa dei conti». È in questo ambiente violento e disperato che nascono e muoiono i grandi maestri della pistola che, molti anni più tardi, rivivranno in centinaia di film. Sono uomini primitivi, ma dotati di un certo fascino, che uccidono spesso senza odio e sempre per sopravvivere. Chi spara meglio ha vita più lunga. Rievocando le gesta di alcuni di questi fuoriclasse sorge subito una domanda: da quali misteriosi indizi il tiratore capiva che l’avversario stava per sparare? Gli appassionati di questa materia hanno fornito spesso spiegazioni più o meno credibili.
Wild Bill Hickok sosteneva che a metterlo in allarme era una strana luce che appariva nello sguardo dell’uomo che aveva di fronte. Quel lampo gli permetteva di battere l’avversario in velocità. Bil1y the Kid, che morì a ventun anni dopo avere ucciso ventun uomini, intuiva «l’attimo di fuoco» da una contrazione dell’alluce destro del rivale, contrazione che sollevava la punta dello stivale. Johnny Ringo, uccisore di uno dei fratelli Earp, affermava che il sintomo migliore era un certo movimento delle sopracciglia, mentre Doc Holliday, da buon odontoiatra, si affidava a una contrazione della mascella che il suo occhio esperto non si lasciava sfuggire. Le teorie di quell’attimo mortale sono dunque diverse e contrastanti come quelle sul modo migliore di estrarre la pistola. Probabilmente sono anche del tutto gratuite. In quei frangenti, in quei pochi attimi in cui due uomini si affrontavano con le mani vibranti a pochi centimetri dai calci delle Colt, ciò che prevaleva su tutto era l’istinto animale. Un istinto di cui tutti quegli uomini erano abbondantemente provvisti.